Matrimoniale

Quella sera si concesse perfino il lusso di ordinare una fetta di crostata all’albicocca al termine della cena e poi, pagato il conto per entrambi, si era ritrovato steso dalla sua parte di quell’ampio letto matrimoniale che quelli dell’albergo avevano incastrato a forza tra un misero frigobar ed una mensola carica di libri finti. Steso sul materasso con gli occhi e i pugni chiusi, come strizzati, pensava che forse era ancora  possibile rimandare all’indomani tutta quella faccenda, che forse avrebbero capito che la situazione alla fine era meno grave di come non appariva adesso e allora si sarebbero entrambi tranquillizzati, avrebbero trovato il coraggio di guardarsi, di dire una parola. Rimasero in silenzio. Allora lui si addormentò, inerme, deciso a non muoversi per niente al mondo, svuotato di tutto, si sarebbe lasciato trucidare ma non avrebbe mosso un dito. Per un tempo che sembrò una vità sognò di essere suo nonno, di vivere nella vecchia casa in montagna negli anni della guerra e di essere sereno nonostante le bombe, tranquillo nonostante tutto a causa di una ricca scorta di patate tenute nascoste nel materasso. Si svegliò che era ancora notte, gli era parso di sentire dei lamenti e le chiese se andasse tutto bene, la supplicò di rispondere, disse che lo sapeva che era rimasta sveglia tutto il tempo. Ancora non osava muoversi, non osava guardarla. Le chiese ancora di dire qualcosa, "Ti prego amore, dimmi qualcosa. Parlami. Te lo giuro, non ti chiamerò più "mamma, mammina mia" mentre ti accarezzo e ti soffio dentro, mentre ti vesto coi tuoi abiti a fantasie floreali". Passarono poi alcuni minuti in cui il silenzio fu di nuovo totale quindi lui si alzò ed andò fino alla valigetta di pelle nera appoggiata al vaso con le piume di pavone. L’aprì con un solo movimento e ne estrasse un paio di guanti in lattice, una siringa ed un sacchetto nero di quelli per l’immondizia. Quando l’ago le perforò la fronte lui fischiettava, lei invece rimase decisamente in silenzio. Subito però l’aria cominciò a soffiarle via forte dalla testa. Fu quando le vide la bocca pian piano appassire che ebbe un sussulto e si ricompose e fu allora che aprì la valvola che lei teneva nascosta sotto un calzino bianco di spugna. Le si stese sopra, l’abbracciò più forte che poteva rotolandosi da una parte all’altra del letto, lei si faceva sempre più sottile, scompariva tra le sue braccia. Uscì in strada che da poco c’era luce, il vento era freddo, poco dopo rallentando per gettare al di là del guardrail il sacchetto nero dal finestrino ripensò al ghigno sfacciato che il portiere dell’hotel gli aveva riservato nel momento in cui aveva saldato il conto della matrimoniale.

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