Archivio mensile:marzo 2014

Una notte a Firenze

Sotto le insegne dei locali stanno senza scampo le ragazze del Connecticut. Sorridono alle ombre e ai fruscii della notte e sono preda di uomini sparviero calvi e zeppi di occhiaie. Impiegati del catasto stellare che pregustano sapori di pelle straniera mentre fanno il pieno di doppio malto e indossano scarpe con la fibbia. Penetrerebbero la notte se potessero e le fredde carcasse di manichini platinati con i loro pugnali di sangue. La risacca alcolica dell’american dream di seconda mano si conclude nella schiuma di un’ alba prematura e per pochi istanti tutto si confonde. Si confondono i passi nei vapori dei tombini, nella disperazione di un terzo piano qualunque e nel sibilo invisibile di un’American Express che strisciando salda il conto.

Il Crodino

Di lavoro saldo, sopratutto i silos e a fine mese ci rientriamo bene se si considera anche lo stipendio da parrucchiera di Armanda. Peccato che sono pelato perchè altrimenti andrei sempre da lei a farmi le acconciature e il taglio uomo che è sempre un po’ più economico del taglio donna e comunque a me l’Armanda mi farebbe di sicuro un bello sconto dato che si sta insieme. Io mi chiamo Demetrio e prima di Armanda non avevo avuto fidanzate e neppure avventure, se si esclude la sera che ho limonato con Naso d’Aquila in prima superiore. Con Armanda ci siamo messi insieme a dicembre perché eravamo rimasti gli unici due single nel gruppo, eravamo gli scartini insomma. Allora, dato che era quasi Natale e anche per non mettere in difficoltà il gruppo, abbiamo deciso che ci si fidanzava. Io ero uno scartino anche da ragazzo comunque. Quando si facevano le squadre di calcio per ultimi si restava sempre io e Aldo Licata che c’aveva la poliomielite. Si giocava in panchina. Armanda attualmente è incinta e credo sia mio. Però non ne sono sicuro dato che il Minguzzi mi ha detto che ogni tanto anche Massimino del Bar Sport se la bomba all’Armanda. A me però non mi importa, alla fine dei conti Massimino mi saluta sempre con gentilezza e mi fa sempe credito quando la sera vado al suo bar a bere il Crodino.

La Mandria

Da bambino quando Paride mi chiamava Panzarotto o mi prendeva in giro a tavola davanti a mia madre e agli zii che ridevano io allora scappavo a piangere nella Mandria. La Mandria era come noi bambini chiamavamo una porzione del castagneto che stava al confine con la proprietà del nonno ma che non sapevamo di chi fosse. Ci andavamo comunque a giocare a calcio, ad acchiappino oppure ad ascoltare seduti accanto alla sua roulotte le mille storie di Marco di Celso. Marco ci parlava di Venerdì 13, di John Holmes e una volta giurò di aver visto delle strane creature aggirarsi in quei paraggi ma non era certo se fossero gnomi del bosco oppure alieni arrivati dalla luna. Una sera Paride mi seguì  e mi disse che non mi dovevo arrabbiare quando mi offendeva. Io avevo le lacrime agli occhi e gli risposi con rabbia che lui faceva lo sbruffone con me perché era due anni più grande ma che non considerava che questo comportava il fatto che sarebbe morto anche due anni prima di me. Lui rimase per un po’ in silenzio poi mi disse che non era per niente vero e che ero un invornito. In quegli anni di infanzia capii che molte cose della vita non erano proprio come le pensavo io. Ad esempio imparai con dolore che non serviva a niente spengere la televisione sperando che il film che vi era trasmesso si interrompesse in quel momento e sarebbe poi ripreso da quel punto esatto alla successiava accensione. Questa cosa ad essere sincero ancora oggi un po’ mi pesa.

Il bordo degli occhi dei cani

Le Sfingi dell’abominio hanno celebrato il carnevale su strade impreviste, lungo il bordo degli occhi dei cani. Alla fine perfino in casa mi sono volute entrare, perfino nel bagnetto rivestito di bianche piastrelle. Hanno sfilato ordinate dinanzi allo specchio e all’improvviso hanno giocato alle belle statuine. E’ stato in quel momento che ho avuto paura, appena un attimo prima che i loro corpi svanissero via, in un baleno. Accanto a me adesso non è rimasta che la finestra che in verità è uno specchio. Dentro ci sono una manciata di denti gettati a caso a formare un sorriso e della barba.

Odio i tovaglioli

Avevo una band di musica folk apocalittica. Adesso la band si è sciolta e quindi non ho molte cose da fare la sera di ritorno dall’ufficio ad eccezione di spararmi le seghe. La band si è sciolta perché Nino è scomparso. Egli era l’unico altro componente e adesso non c’è più. L’ultima volta che l’ho visto è stato sabato scorso, quando l’ho accompagnato ad acquistare una nuova chitarra a sedici corde, che a suo avviso avrebbe reso ottimamente le sonorità della nostra nuova canzone Il galoppo dei centomila scheletri mortiferi. Mi ha detto che visto che aveva molti soldi in contante non si fidava a recarsi da solo all’appuntamento col venditore presso il casolare in cui aveva fissato. Sono stato ben lieto di accompagnarlo e appena siamo usciti dall’autostrada gli ho chiesto di accostare un attimo perché dovevo pisciare. Poi mi ricordo che Nino mi ha detto di sbrigarmi, che eravamo in ritardo. Io ho risposto che l’ultima parte che ha scritto è proprio uno schifo e di non mettermi pressione. Credo che Nino sia scomparso perché si è offeso per la durezza delle mie parole. Vabbè. Adesso comunque sono al supermercato, farò una grandissima spesa visto che ho trovato nella tasca del mio giubbino di pelle duemila euro che mi ero proprio dimenticato di possedere. Comprerò tanti rotoli di Scottex dato che io i tovaglioli quadrati proprio li odio.